I Mitchell contro le macchine: Usare l'arte per salvare il mondo
Il lungometraggio d’animazione "I Mitchell contro le Macchine" vede inizialmente una famiglia disfunzionale impegnata in un viaggio attraverso gli Stati Uniti, ma quasi immediatamente questa precipita nel bel mezzo di una catastrofica rivolta robotica. Intriso di energia comica, il film gioca sapientemente sulla multimedialità e su uno stile di animazione "rozzo", sovvertendo magistralmente le aspettative comuni sul cinema di animazione.
Le aspettative vengono ulteriormente ribaltate dallo sviluppo della trama. La proposta attuale hollywoodiana tradizionale ci bombarda di storie incentrate su supereroi "perfetti". Tali pellicole presentano ai realizzatori una sfida assai impegnativa: come rendere dei personaggi dotati di poteri sovrumani "identificabili" da parte di un pubblico formato invece da persone comuni, le quali non saranno mai in grado di saltare in cima ai grattacieli o di volare più veloci di un proiettile.
Con "I Mitchell contro le Macchine", tuttavia, gli autori Mike Rianda e Jeff Rowe (registi e sceneggiatori) hanno voluto veicolare un diverso tipo di superpotere: la loro stessa consapevolezza che, nel mondo reale, i "disadattati" sono molto più comuni dei cosiddetti "supereroi". Celebrando gli individui bollati socialmente come "strani", Rianda e Rowe hanno scelto quali protagonisti un gruppo di persone del tutto "normali". L'eroismo di Katie Mitchell e della sua bizzarra famiglia risiede nella dimensione della quotidianità: la loro stessa "imperfezione" li rende riconoscibili, e noi come spettatori ne troviamo i difetti accattivanti perché, inconsciamente, li percepiamo analoghi ai nostri.
Senza dubbio, la stessa apparente goffaggine dei Mitchells costituisce anche una fonte inesauribile di intrattenimento, e giustamente, dal momento che trattasi, anzitutto, di intrattenimento per famiglie. I realizzatori sfruttano abilmente gli espedienti retorici dell'anticlimax e dell'iperbole, permettendo ai personaggi di sottolineare, con efficace tempismo comico, che mentre alcune famiglie sono alle prese con la compilazione dei propri album fotografici di famiglia, o con i capricci alimentari della prole, i Mitchells si trovano a dover gestire da soli un'apocalisse robotica. I riferimenti alla cultura pop abbondano: dai commenti "a misura di teen ager" sulla politica dei social media, fino alla citazione di film classici che sicuramente soddisferanno il pubblico più maturo - Nel nucleo geometrico di Pal ritroviamo, per esempio, echi dell'iconico monolito protagonista del capolavoro fantascientifico di Stanley Kubrick, "2001: Odissea nello spazio".
Celato sotto questa sovrastruttura ludica emerge poco a poco un semplice ma profondo messaggio di accettazione: essere "strani" è ok. Questo principio viene supportato dalla natura circolare della strana odissea della famiglia Mitchell, che inizia suggerendo come la loro "diversità" li renda di fatto degli esclusi, anche nelle loro relazioni interpersonali. Nel finale, tuttavia, mentre ascoltiamo il discorso della giovane Katie Mitchell sul motivo per cui l'umanità dovrebbe essere salvata, vediamo come questa famiglia di "disadattati" si sia ormai trasformata in qualcosa di speciale e magico. La dimostrazione che la magia esiste ancora all'interno della nostra vita quotidiana. Occorre cercarla utilizzando l'obiettivo giusto. La "stranezza" - ci viene rivelato - è ciò che davvero rende unici.
Rivolgendo la nostra attenzione ai vicini dei Mitchells - i Poseys, una "super-famiglia" ossessionata dall'immagine - potremmo persino rilevare echi di una lotta culturale quotidiana in cui le persone delle classi medio-piccole vivono in uno stato di costante e passiva invidia rispetto alle controparti agiate immerse, ai loro occhi, in un'esistenza "perfetta". Le categorie dipendenti dai social media traggono piacere sia dal guardare che dall'essere guardati; di conseguenza, la relazione tra la "strana" matriarca Linda Mitchell e la sua controparte "perfetta" Hailey Posey può essere letta come un modello di "desiderio mimetico". Questo rapporto si protrarrà fino alla fine, quando Hailey dimostrerà finalmente la sua ritrovata accettazione di Linda permettendo a se stessa di seguirla su Instagram... e l'ironia implicita nella benevola "concessione" risuona fin troppo evidente. Questa particolare dinamica offre finalmente la propria chance di divertimento a un pubblico che sa cosa significa stare dalla parte del "perdente". Durante la visione, infatti, proveremo un certo piacere sadomasochistico non solo nel vedere i Mitchells trionfare sui nemici, ma anche nel condividere i vari tormenti che essi sono chiamati a sopportare.
Eppure, "I Mitchell contro le Macchine" ci presenta anche un'altra giustapposizione: quella di un mondo naturale, costruito sull'amore e i valori umani, in contrasto con il regno tecnologico della Silicon Valley e dei social media, dove le persone vivono intrappolate da infinite immagini di se stesse, scordando chi sono veramente.
Nelle proprie differenti maniere, quindi, i singoli membri della famiglia Mitchell combattono non soltanto per sconfiggere i robot, ma anche per ritrovare se stessi. Uno di questi percorsi verso la scoperta di sé si nasconde nello spazio della memoria, rappresentato in forma vibrante per tutto il film. Immergendoci nel passato, (ri)scopriamo uno stato dell'essere più genuino rispetto allo stato culturale in cui ci troviamo oggi, e all'interno del quale possiamo infine raggiungere l'illuminazione.
Il Pater familias (capofamiglia), Rick Mitchell, ricerca tale consapevolezza attraverso l'amore per la Natura. Luddista dei giorni nostri, sollecita appassionatamente Katie, la figlia ossessionata dal cinema, a guardare il mondo non attraverso l'obiettivo della sua foto/videocamera ma usando i suoi stessi occhi, descritti come "la macchina fotografica della Natura". E' l'assunto stesso del film: la tecnologia nelle mani sbagliate può rivelarsi letale. Allo stesso tempo, serve a descrivere il conflitto tra padre e figlia. Per quanto pieno di paure e pregiudizi, Rick vuole solo proteggere Katie: la parte decisiva del suo viaggio sarà nell'imparare che il modo migliore per farlo è lasciarla andare.
In tutto ciò, sarà la filosofia di Katie a prevalere. Dalla sua posizione privilegiata nel cuore stesso della storia, questa giovane ragazza si presenta immediatamente come una narratrice, mentre tenta di sfuggire alla realtà attraverso il linguaggio cinematografico. L'entusiasmo giovanile di Katie per le immagini, e le idee, più folli, si riflette nello stile visivo dinamico della pellicola. Rappresenta un alter ego dei registi? Difficile contraddire questa ipotesi.
La preminenza di Katie all'interno della narrazione è ulteriormente rafforzata dal suo status di personaggio apertamente gay. Con apparente semplicità, "I Mitchell contro le Macchine" riesce a trasmettere e a celebrare il suo orientamento sessuale - spesso attraverso agili espedienti visivi come il bottone arcobaleno che indossa - senza mai concentrarsi esplicitamente su di esso. È raro che la comunità LGBTQ venga rappresentata in modo tanto naturale in una produzione hollywoodiana, specialmente in un film d'animazione, e questa operazione sottile ed equilibrata merita senz'altro un plauso.
Quando i robot minacciano di sopraffare il pianeta, sarà la passione di Katie per l'arte - insieme al riconoscimento del valore di quest'ultima da parte di suo padre - a salvare la situazione. Fin dall'inizio, il film ci mostra come il modo in cui Katie conosce se stessa e comprende la realtà passa attraverso la sua arte, che percepisce quale espressione della propria "peculiarità". In tal modo, sarà Katie a impartirci la lezione che sta al centro de "I Mitchell contro le Macchine": l'arte non solo ci salverà, infine, ma saprà anche guarirci.
La dott.ssa Maria Elena Gutierrez è amministratrice delegata e direttrice esecutiva di VIEW Conference, il principale simposio annuale italiano sui media e le tecnologie digitali. Ha conseguito la laurea presso l'Università della California Santa Cruz e un dottorato di ricerca dalla Stanford University. VIEW Conference si impegna costantemente a dar voce ai professionisti in prima linea nei settori Animazione, effetti visivi (VFX) e videogame.
Per maggiori informazioni sul programma e le iniziative di VIEW 2022, visitate il sito ufficiale: https://www.viewconference.it/